La rocca risale ai tempi del giovane Serlo (o Serlone) D'Altavilla, nipote e luogotenente del gran conte Ruggero, nonché signore del munitissimo castello di Cerami, era uno dei più prodi cavalieri del minuscolo esercito normanno che nel secolo XI invase la Sicilia occupata dai Saraceni. La spada del giovane guerriero, tempratasi in decine e decine di battaglie al fianco del grande zio, divenne presto nell'isola il terrore delle orde saracene...
Nel 1063, durante la cruenta e decisiva battaglia di Cerami, Serlo prima difese strenuamente, con i suoi 30 cavalieri, la cittadina, poi, con il coraggio della disperazione, capovolse le sorti dello scontro, soccorrendo il centro dello schieramento cristiano (appena poche centinaia di cavalieri e fanti) che stava per essere annientalo da decine di migliaia cli saraceni infuriati. Si disse, a battaglia finita, che San Giorgio, bellissimo e risplendente di luce, aveva galoppato innanzi ai cristiani per guidarli alla vittoria...
Ma se il Cielo, quel giorno a Cerami, volle veramente aiutare i Normanni, è più probabile che si sia servito solo del coraggio e del valore di Serlo e degli altri impavidi condottieri normanni. Il campione dei Cristiani, però non visse abbastanza a lungo per godere dei meritati onori e possedimenti guadagnati sul campo di battaglia; l'estate del 1072, quando ormai i normanni avevano consolidato il loro potere sull'isola, segnò, infatti, la fine dei giorni se non della gloria, cli Serlo D'Altavilla. Tradito dall'amico Ibrahim, col quale aveva giurato eterna fratellanza, Serlo cadde in un agguato. Circondalo da soverchianti forze saracene nella valle del Salso, a breve distanza dalla confluenza del fiume Cerami, laddove si ergeva una grande rupe d'arenaria, il leone normanno comprese che l'ultimo e più importante momento della sua vita di cavaliere, quello della morte, stava per essere vissuto.
Per nulla rassegnato ad una morte passiva, Serlo si arrampicò allora sulla grande rupe e li, i saraceni gli strapparono il cuore, che mangiarono sperando di incorporarne il coraggio e le virtù cavalleresche; la sua testa fu mandata in omaggio al principe Tamin, in Tunisia, e lì, conficcata su un palo, venne schernita dalla plebaglia musulmana...«Hagar Sàrlù» la «Rocca di' Serio» (o, anche la «Pietra di Serlone»), fu da allora chiamata dagli Arabi la grande rupe d'arenaria collocata sulla riva sinistro del Salso orientale e sulla quale i Normanni, per ricordare il loro eroe morto, incisero una grande croce.
Col passare dei secoli, poi, mentre il nome Serlo si trasformava progressivamente in «Sarno» e in «Sarro», la gente del luogo perdeva sempre più il ricordo del grande guerriero e «del fatto d' armi ivi avvenuto, ma non l'inconsapevole timore riverenziale che nutriva per la grande rupe e la sua croce. Si diceva, anche, quasi a sottolineare l'alone di fascino, e mistero che il luogo ispirava, che nei suoi pressi vi fosse nascosto un gran tesoro.

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